Il Modello

Ri-Lab

Secondo Hans Jonas “La costruzione del “noi” ha bisogno di attenzione, di tempo e di pazienza.” È fondamentale tornare a porre al centro dell’educazione l’individuo e i suoi bisogni, per puntare al suo bene e ad un futuro desiderabile. Ri-Lab è un progetto che vuole stimolare la crescita e la condivisione tra le persone coinvolte – grandi e bambini – oltre che la curiosità e la sete di sapere, così da accendere quelle qualità utili a costruire un benessere e una felicità quotidiana. Ri-Lab vuole supportare la scuola e le famiglie per rimettere al centro dell’educazione dei più piccoli le loro emozioni, i loro talenti, la loro capacità all’ascolto, promuovendo valori come l’inclusività, la gentilezza, la cooperazione, la condivisione, la ludicità, perché rispondono ai loro bisogni fondamentali aiutandoli a diventare adolescenti e adulti migliori.

Il Modello

Ri-Lab

Secondo Hans Jonas “La costruzione del “noi” ha bisogno di attenzione, di tempo e di pazienza.”
È fondamentale tornare a porre al centro dell’educazione l’individuo e i suoi bisogni, per puntare al suo bene e ad un futuro desiderabile. Ri-Lab è un progetto che vuole stimolare la crescita e la condivisione tra le persone coinvolte – grandi e bambini – oltre che la curiosità e la sete di sapere, così da accendere quelle qualità utili a costruire un benessere e una felicità quotidiana. Ri-Lab vuole supportare la scuola e le famiglie per rimettere al centro dell’educazione dei più piccoli le loro emozioni, i loro talenti, la loro capacità all’ascolto, promuovendo valori come l’inclusività, la gentilezza, la cooperazione, la condivisione, la ludicità, perché rispondono ai loro bisogni fondamentali aiutandoli a diventare adolescenti e adulti migliori.

i 5RI

La scienza della felicità

Il framework di Ri-lab è una disciplina giovane: la Scienza della Felicità.
La Scienza della Felicità è l’insieme di informazioni, ricerche e pratiche messe a disposizione da tutte quelle discipline scientifiche che hanno dimostrato che la felicità non è solo un’emozione, ma una competenza che può essere coltivata e allenata.
Il 50% della nostra felicità è scritta nei nostri geni, il restante 50% dipende dalle circostanze di vita e dalle nostre scelte, azioni e comportamenti intenzionali. È su questo 50% che risiede la nostra responsabilità come individui e collettività.

  • + chimica positiva - chimica negativa
  • + noi - io
  • + essere - avere
  • + disciplina - caos

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Il Capitale Sociale è la nostra capacità di costruire relazioni solide e di fiducia nel tempo.
Coltiviamo il nostro capitale sociale quando cooperiamo, diamo supporto e ci sentiamo supportati, ascoltiamo, comunichiamo in modo non violento, siamo gentili, dedichiamo tempo agli altri, ci divertiamo insieme…
Lo sviluppo del proprio capitale sociale non riguarda solo il benessere emotivo, ma anche il benessere fisico, influenzando la salute del sistema immunitario e neuroendocrino, la resilienza, la capacità di affrontare stress e depressione.
La capacità di esprimere il meglio di se dipende dalla capacità di relazionarsi nel gruppo e da come il gruppo si relaziona con te, aiutando a creare un ambiente di scambio e cooperazione che permette di raggiungere scopi e risultati comuni.

In Italia, prima di frequentare l’Università, dedichiamo circa 20 mila ore allo studio e di queste nemmeno una è impiegata a conoscere, capire e gestire il nostro essere. Se non impariamo ad intercettare i nostri bisogni e valori, cogliere che cosa ci appassiona e può essere coltivato per far fiorire i nostri talenti, se non impariamo a lavorare con la nostra intelligenza emotiva, se non riusciamo a rispondere alla domanda: qual è il mio perché, il mio proposito di vita? Allora sarà difficile fare scelte sagge, coerenti ed efficaci. Il risultato è che ci ammaliamo di più e siamo più infelici

La felicità è un “muscolo volontario” e si allena attraverso pratiche. Parte della nostra difficoltà sta nel modo in cui utilizziamo la nostra mente ma il corpo può aiutarci a guidarla.
È fondamentale avere una routine del benessere. Non c’è una ricetta uguale per tutti ma ricordiamo che le pratiche più efficaci ancorano la mente al corpo come ad esempio la coerenza cardiaca, il gioco, il divertimento e l’esercizio fisico.

La Lucidità

“Ludicità” è per definizione la materia che studia il gioco, i suoi obiettivi, le sue possibilità di sviluppo e l’applicazione in diversi ambiti come l’educazione, la salute e la comunicazione. La ricerca scientifica ha ormai consacrato l’utilizzo di tecniche ludiche come strumento nelle metodologie didattiche, terapeutiche e di integrazione, per favorire una formazione globale e la manifestazione creativa dell’essere.
Parlare di “Ludicità Consapevole” significa avere alla base dei concetti che puntano all’evoluzione personale, migliorando la qualità della vita. La “Ludicità Consapevole” è uno strumento importante nella gestione di gruppi, nel lavoro terapeutico, nell’ambito educativo e nello sviluppo personale.

Il Gioco

Giocare è una pulsione vitale di ogni essere umano: serve ad adattarsi all’ambiente fisico e sociale per sopravvivere; tutti abbiamo bisogno di giocare, anche se la nostra società aggiudica quest’attività soltanto ai bambini.
Giocare può darci validi spunti su di noi perché nel gioco riveliamo veramente chi siamo.
Attraverso il gioco, durante l’infanzia, siamo in grado di scoprire come funziona il mondo e impariamo a relazionarci positivamente con gli altri.
C’è una relazione direttamente proporzionale tra lo sviluppo del nostro cervello e la propensione al gioco dei mammiferi.
Bernie de Koven diceva: “La giocosità è in definitiva una competenza per sopravvivere, per rispondere al cambiamento e creare la comunità. Il gioco resta il modo migliore che esista per apprendere”.

L'Errore

Sentirci amati comunque, anche quando sbagliamo, è condizione fondamentale perché permette di vivere le difficoltà quotidiane con più serenità. FARE un errore non vuol dire ESSERE un errore. Chi ci permette di commettere errori ci riconosce il diritto all’esperienza perché è con l’errore che si cresce. Il ragazzo che scopre di poter fare errori cresce e matura più velocemente di chi sa di non poterli fare.
Il “vincente” sa che per lo più si perde (cioè sa che per fare le cose per lo più si sbaglia, ma che perseverando si arriva);
Il “perdente” sa che al primo colpo si arriva (per cui al primo sbaglio rinuncia).
Se impariamo dagli errori senza drammatizzare i fallimenti scopriamo anche che cos’è l’ottimismo.

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